La Giudecca è un quartiere di Bova che fu abitato tra la fine del XV secolo e gli inizi del periodo successivo, da una piccola comunità ebraica. Quasi del tutto dimenticata, questa suggestiva porzione di spazio urbano, è stata inserita all’interno di una sezione del Museo della Lingua Greco-Calabra Gerhard Rohlfs e valorizzata dall’installazione di arte contemporanea dell’artista Antonio Puija Veneziano. |
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Le prime testimonianze della presenza a Bova di una comunità ebraica risalgono alla fine del Quattrocento. Sappiamo, infatti, che nel 1502 la Regia Corte di Napoli lamentava di non aver riscosso i tributi fiscali che la Giudecca di Bova doveva all’erario fin dal 1497. Successivamente, il 23 Agosto del 1503, i sei nuclei familiari (fuochi) che costituivano la comunità giudaica bovese, versarono, per mano di Antonio Carnati, 9 ducati, relativi ai tributi fiscali imposti agli ebrei del Regno di Napoli. Sei fuochi si registrarono anche nel 1508, quando i giudei bovesi chiesero alle autorità di saldare le tasse a rate, segno evidente di possibili difficoltà economiche. |
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L’insediamento ebraico a Bova potrebbe risalire alla cacciata dei giudei dalle terre di Spagna, nel 1492. In quell’anno degli ebrei di Sicilia si trasferirono a Reggio, dove due anni dopo furono smistati in tutto il circondario. Il secondo editto di Ferdinando il Cattolico (1511), che decretò l’espulsione degli ebrei dal Regno di Napoli, determinò l’abbandono della giudecca di Bova. In quello stesso anno, le autorità locali chiesero la cancellazione dai ruoli fiscali della Giudecca di Bova. Ciò nonostante una cronaca bovese, redatta del 1774 dall’erudito Domenico Alagna, ricorda che gli ebrei furono scacciati solo nel 1577, con l’accusa di aver diffuso la peste. |
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E’ proprio Domenico Alagna a fornirci informazioni dettagliate sulla localizzazione della Giudecca di Bova, indicata ai margini della città, nel quartiere di Pirgoli (dal greco “torri”), confinata tra due porte che si aprivano rispettivamente a Sud, nelle vicinanze della Torre della Porta, e a Nord nei pressi della Torre Aghios Marini. |
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La disamina della fonte storica è la tematica prescelta dall’artista, immortalata sulla ceramica mediante la struttura a spirale delle iscrizioni che induce il fruitore dell’opera a prestare attenzione al testo, soffermandosi sull’interpretazione e il significato della scrittura stessa, così come fa lo storico di fronte alle carte d’archivio. |
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Antonio Pujia Veneziano ha creato la sua installazione artistica elaborando una serie di ceramiche invetriate e graffite dal titolo "PIRGOS CERAMICHE PARLANTI", all’interno delle quali scorrono frammenti concernenti notizie sugli ebrei a Bova tra la fine del XV e gli inizi del secolo successivo, così come riporta anche una cronaca bovese del Settecento.
Le iscrizioni trascritte sulle ceramiche, secondo la grafia del XVIII secolo, riportano le parole che il bovese Domenico Alagna fece confluire nell’opera dell’erudito, Cesare Orlandi, “Delle Città d'Italia e sue Isole adiacenti”, edita a Perugia tra il 1770 e il 1778. Ai cinque tondi l’artista ha aggiunto un altro disco, incastonato sulla parete adiacente l’ingresso secondario di Palazzo Mesiani, costruito alla fine del XVIII secolo sul sito dove era in precedenza insediata la giudecca di Bova. Il soggetto è un particolare della planimetria urbana del quartiere ebraico di Pirgoli raffigurato con l’intento di esaltare la percezione di uno spazio fisico quasi dimenticato, ma un tempo abitato da genti di religione ebraica. |
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Segni e impronte di antiche ritualità, realizzati in ceramica e collocati lungo i muri della Giudecca, sono il frutto di un singolare laboratorio di arte partecipata che Pujia ha curato coinvolgendo direttamente i bambini di Bova. La Menorah, il melograno e il nodo di Salomone, evocano un tassello di cultura ebraica nella plurisecolare storia di Bova, mai interrotta come testimonia la lettera trascritta in ebraico, relativa ai ringraziamenti che il rabbino Shaul Robinson della Sinagoga di Lincoln Square a Manhattan New York (U.S.A.) inviò il 8 Giugno del 2018 all’amministrazione comunale di Bova per le opere di riqualificazione di questa piccola Giudecca dell’Italia meridionale. |
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Interessante è inoltre la presenza a Pirgoli di un pozzo, oggi inglobato nella corte di Palazzo Mesiani, elemento indispensabile ai bagni rituali e alla macellazione di carni kosher. Nessuna traccia è stata ancora individuata della sinagoga. Una ipotesi suggestiva prende spunto da una struttura quadrangolare a muratura sottostante una finestra, decisamente degna d’attenzione, che si innalza in un ambiente, antistante Palazzo Mesiani, destinato ancora nella prima metà del Novecento a ricovero per animali. |
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